Il "federalismo" della certificazione energetica |
Sabato 21 Gennaio 2012 12:35 |
La situazione italiana degli ultimi anni è ricca di norme, leggi, decreti, ecc. che ormai lasciano presagire ben poche speranza a chi sperava nella semplificazione ed armonizzazione del panorama normativo nazionale. Infatti il normatore spesso redige documenti parziali, lasciando a successivi atti integrativi il trattamento completo della materia. Superfluo sottolineare che spesso, questi attesi atti, sono del tutto assenti o, quando presenti, promulgati con ritardi enormi rispetto ai tempi dichiarati nelle norme stesse. Tale situazione sembra creata ad arte per lasciare campo libero ad interpretazioni, analisi e chiarimenti che comunque non esauriscono mai completamente i dubbi generati. A titolo di esempio si riporta la cronistoria della famosa Legge 10/91, legge nazionale che tratta di risparmio energetico in edilizia. Il decreto viene emesso nel 1991 (abrogava le vecchia legge n. 373/76) e rimandava a successivi decreti attuativi che dovevano essere emessi entro 60 giorni dall'entrata in vigore del testo. Come spesso accade i 60 giorni sono diventati 15 anni, i decreti attuativi sono arrivati, rimasti in vigore 15 giorni, per poi essere abrogati da lì a poco per il recepimento delle direttive europee, promulgate a livello italiano dai D.L.g.s. n. 192/2005 successivamente modificato dal D.L.g.s. n. 311/2006, a sua volta aggiornato dal D.p.r. 59/2009 e dalle norme UNI TS 11300 parti 1,2,3, e 4. Allo stato attuale non è ancora stata emessa la parte 4 e quindi, ancora una volta, il panorama normativo di riferimento risulta parziale e incompleto. Tali norme costituiscono l'ossatura dell'importante sistema di certificazione energetica italiana degli edifici. Purtroppo il deludente panorama normativo nazionale, condito del grande ritardo nella promulgazione di queste importanti norme, ha fatto sì che le regioni attuassero regolamenti locali di carattere più restrittivo rispetto alle linee guida nazionali. Nella sostanza alcune regioni italiane (Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Provincia di Trento, Provincia di Bolzano, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Puglia n.d.r. situazione al 12/2011) hanno introdotto propri regolamenti con specifici metodi di calcolo, e, in alcuni casi, elenchi di certificatori energetici creando così una frammentazione non uniforme e di difficile comprensione per il cittadino. Infatti un edificio con una determinata classe energetica, spostato virtualmente in un'altra regione, viene ad avere una diversa prestazione energetica (a volte con un cambio di una o più classi). Sempre lo stesso edificio, assume una prestazione energetica ancora diversa, se il fabbisogno di energia viene calcolato con la procedura prevista dalla normativa nazionale. In termini pratici, per esempio, un edificio realizzato in provincia di Trento avrà un certificato energetico calcolato secondo la legge provinciale per le pratiche edilizie e un secondo certificato energetico, diverso dal primo, calcolato con le norme nazionali, per le operazioni di compravendita immobiliare. Il panorama normativo, spesso di difficile interpretazione per i tecnici, risulta decisamente poco capibile dal comune cittadino che si può trovare in mano due o più certificati diversi. Gli edifici vengono spesso certificati, su base volontaria, anche secondo altri protocolli quali, ad esempio, Casaclima della provincia di Bolzano, che ha valenza esclusivamente commerciale al di fuori della stessa provincia di Bolzano. Ecco che il cittadino avrà a disposizione un ulteriore certificato energetico, determinato secondo un altro metodo di calcolo, che riporta una prestazione energetica con numeri e classi ancora diversi dai casi precedenti. Come non bastasse ultimamente si stanno andando diffondendo ulteriori modelli di certificazione relativi, ad esempio, all'edilizia sostenibile (LEED, Itaca, ecc.) che a loro volta introducono nuove certificazioni (la provincia di Trento realizza tutti gli edifici pubblici con certificazione LEED). Dal punto di vista strettamente razionale ci si trova a convivere con molteplici sistemi di certificazione (energetica e di sostenibilità), spesso applicati in modo sovrapposto allo stesso edificio, tutti corretti, che conducono però inevitabilmente a risultati e certificati diversi. Viene da chiedersi quale sia il pensiero del legislatore nell'ottica di affrontare il tema della certificazione energetica in modo semplice, chiaro e diretto, non soggetto ad interpretazioni, capace di fornire un unico inequivocabile messaggio al cittadino che, non dimentichiamolo, non è un tecnico. E' un po' come se, di fronte all'acquisto di un elettrodomestico, ogni produttore riportasse più targhe di prestazione energetica, rilasciate da diversi enti, tutti certificati, con numeri e classi diversi. Risulterebbe impossibile un confronto prestazionale. Solo il tempo potrà dire se si raggiungerà il difficile obiettivo di armonizzare le norme di tutti i temi trattati dai diversi modelli di certificazione energetica o se uno si imporrà maggiormente sugli altri. Di certo, ora come ora, sembra non esserci ancora la necessaria messa a fuoco degli obiettivi, basti pensare che molti modelli di certificazione energetica (tra cui il nazionale) sono basati sulle norme UNI-TS ovvero delle norme UNI di carattere provvisorio che in futuro dovrebbero divenire definitive e perdere il suffisso "TS" di specifica tecnica, quando si sarà raggiunto in modo chiaro lo stato dell'arte di riferimento. Ad maiora. |